Forum ITALIANISTICA TUNISIA ITALIA

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05-01-09, 17:32   #1
Maria

Pilota Colonello
 
 
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Dec 2008
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Biografia - Dacia Maraini

Cari amici condivido con voi la biografia di questa scrittrice che mi piace tanto!

Dacia Maraini nasce a Firenze. La madre, siciliana, appartiene a un’antica famiglia, gli Alliata di Salaparuta. Il padre, Fosco Maraini, per metÃ**** inglese e per metÃ**** fiorentino, è un etnologo conosciuto che ha scritto diversi libri sul Tibet e sul Giappone.
La famiglia Maraini si trasferisce in Giappone nel ’38 poiché il padre portava avanti uno studio sugli Hainu, una popolazione in via di estinzione che viveva nell’Hokkaido.
Nel ’43 il governo giapponese che aveva fatto un patto di alleanza con l’Italia e la Germania, chiese ai coniugi Maraini di firmare l’adesione alla repubblica di Salò. Sia Topazia che Fosco rifiutarono di firmare e furono perciò rinchiusi in un campo di concentramento nei pressi di Tokio assieme alle tre figlie bambine. Ci rimasero fino alla fine della guerra quando furono liberati dagli americani.
Rientrati in Italia, andarono ad abitare in Sicilia, presso i nonni, nella Villa di Valguarnera di Bagheria, dove le bambine cominciarono gli studi. La povertÃ**** è una costante di quegli anni di difficile adattamento al nuovo ambiente.
Qualche anno dopo la famiglia di divide. Il padre va ad abitare a Roma, la madre resta a Palermo con le tre figlie che frequentano le scuole della cittÃ****. Sono gli anni della prima formazione letteraria e dei sogni di fuga.
La fuga avverrÃ**** quando Dacia Maraini compie i diciotto anni e decide di andare a vivere a Roma con il padre. Qui prosegue il liceo, si arrangia per guadagnare, facendo l’archivista, la segretaria, la giornalista di fortuna.
A ventuno anni fonda, assieme con altri giovani, una rivista letteraria, "Tempo di letteratura", edita da Pironti a Napoli. Prende a collaborare, con racconti, a riviste quali "Paragone", "Nuovi Argomenti", "Il Mondo".
Nel 1962 pubblica il primo romanzo presso l’editore Lerici: "La vacanza" . Intanto si sposa con Lucio Pozzi, pittore milanese, da cui si divide dopo quattro anni di vita in comune e un figlio perso poco prima di nascere.
Nel 1963 esce il suo secondo romanzo "L’etÃ**** del malessere" che ottiene il premio internazionale degli editori "Formentor".
Il terzo è del 1967 e si chiama "A memoria": Viene pubblicato da Bompiani. Intanto Nanni Balestrini le chiede per la Feltrinelli le sue poesie che escono nel 1966 con il titolo "CrudeltÃ**** all’aria aperta". Il libro viene recensito con molto favore dallo scrittore Guido Piovene.
In questi' anni Dacia Maraini comincia ad occuparsi di teatro. Fonda, assieme con altri scrittori, il Teatro del Porcospino, in cui, si rappresentano solo novitÃ**** italiane:da Gadda a Parise, da Moravia a Wilcock, da Siciliano a Tornabuoni.
Proprio in quel periodo Dacia Maraini si mette a vivere con Alberto Moravia. SarÃ**** una convivenza che durerÃ**** fino agli anni settanta.
Nel 1968 esce un libro di racconti, "Mio marito" edito da Bompiani due anni dopo Einaudi pubblica il suo libro di teatro "Ricatto a teatro e altre commedie''.
Nel 1973 fonda, assieme con Lù Leone, Francesca Pansa, Maricla Boggio e altre, il teatro della Maddalena, gestito e diretto da donne.
Nel 1978 vi si rappresenta "Dialogo di una prostituta con un suo cliente" (pubblicato da Images di Padova). Il testo verrÃ**** tradotto e rappresentato negli anni seguenti prima a Bruxelles, poi a Parigi e quindi a Londra e ancora in quattordici paesi diversi.
Un altro romanzo viene, pubblicato nel 1972: "Memorie di una ladra". Monica Vitti ne ricava un film fra i suoi più riusciti, "Teresa la ladra" .
Nel, 1975 esce "Donna in guerra", edito da Einaudi. Negli anni seguenti viene pubblicato in sei lingue.
Di quegli anni il testo teatrale "Maria Stuarda", che viene tradotto e rappresentato in quindici paesi e ancora si continua a rappresentare.
Nel 1980 esce "Storia di Piera" scritto in collaborazione con Piera Degli Esposti. il libro avrÃ**** otto edizioni. Marco Ferreri ne ricaverÃ**** un film con Marcello Mastroianni, Hanna Shigulla e Isabelle Hupperer.
Del 1984 è i 1 romanzo "Il treno per Helsinki", edito da Einaudi. Il libro viene tradotto in cinque lingue. Nel 1985 segue 'lsolÃ****na" pubblicato da Mondadori e che riceve il premio Fregene. Questo romanzo è stato ripubblicato da Rizzoli nel 1992.
Nel 1990 esce "La lunga vita di Marianna Ucrìa" accolto molto positivamente dalla critica e dal pubblico. Il libro riceve, il premio Supercampiello. Pochi mesi dopo gli sarÃ**** assegnato il premio per il "Miglior libro dell'anno", Napoli. Seguono i premi: Quadrivio (Rovigo), Apollo (Salerno), "Reggio Calabria". Viene tradotto in quindici lingue.
Nel 1991 esce una raccolta di poesie dal titolo "Viaggiando con passo di volpe", edizione Rizzoli. Il libro prende il premio "CittÃ**** di Penne" 1992.
Ancora nel 1991 viene pubblicato il libro di teatro "Veronica, meretrice e scrittora" che prende il premio "Fondi La Pastora" nel 1992.
Nel 1993 esce, presso Rizzoli, il libro "Bagheria" che conosce subito un buon successo di pubblico e di critica. Intanto, il teatro Stabile di Catania rappresenta la versione teatrale di "Marianna Ucrìa" con l'adattamento dell’autrice, la regia di Lamberto Pugelli, la partecipazione di Paola Mannoni e Umberto Ceriani.
Nel 1994 viene pubblicato il Romanzo "Voci". Nel 1996 esce il saggio "Un clandestino a bordo". Nel 1997 un altro romanzo: "Dolce per sé", Nel 1998 viene pubblicata l’antologia di poesia "Se amando troppo". Nel 1999 viene pubblicato il libro di racconti "Buio". Sempre pubblicati dall’editore Rizzoli seguono "Fare teatro (1966-2000)" che raccoglie quasi tutta l’opera teatrale di Dacia Maraini, "Amata scrittura", un libro sulla trasmissione televisiva condotta dall’autrice, nel 2000, e nel 2001 "La nave per Kobe". Nello stesso anno Fabbri pubblica il libro di favole "La pecora Dolly".

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María
05-01-09, 18:53   #2
ilrediniente

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Bravissima Maria e molto interessante questa biografia.
Potresti postare qualche poesia di questa scrittrice?

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Io che voglio andare tra la gente e poi mi trovo solo, io re di tutto e re di niente, io che so la mia incapacità ma vorrei fare tutto, io re di tutto e re di niente, io con i miei castelli in aria, io con i miei sogni. Re di me stesso.
05-01-09, 19:01   #3
mehditaly

Italianistica Tunisia
 
 
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Grazie per la biografia Maria

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05-01-09, 21:08   #4
Maria

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Caro Re, ecco un brano del libro "MIO MARITO" ( 1968 ) Dacia Maraini

L'altra famiglia
Pietro e Paolo mi svegliano la mattina saltandomi sul petto. Apro gli occhi con un senso di soffocamento. Pietro mi sta seduto sulla pancia, a gambe larghe e va su e giù come se cavalcasse un asino; Paolo mi sta inginocchiato sulle gambe e ride.
«Mamma, e l'ora di alzarsi.»
«Che ore sono?»
«Le sei.»
«Posso dormire ancora un po'?»
«No, devi aiutarci a vestire e poi devi preparare la colazione. Alzati.»
«Ma che ore sono?»
«Le sette.»
«Che bugiardo. Mi dici un'ora per un'altra eh, per farmi alzare, che bugiardo! Lasciatemi dormire ancora un po'.»
«La mamma vuole dormire Pietro, levati di lì.»
Mi rivolto dall'altra parte e cerco di riaddormentarmi. Ma il silenzio dei miei due figli mi insospettisce. Infatti, giro la testa e li trovo intenti ad accendere un fuoco al centro della stanza, con delle carte e dei fiammiferi.
Mi alzo di corsa, li prendo a schiaffi, ritorno a letto. Ma ormai non riesco più a dormire. Rimango ancora qualche minuto distesa, le braccia incrociate dietro la testa, gli occhi socchiusi, cercando di abituarmi alla luce che entra dalla finestra spalancata, quindi mi alzo e comincio la giornata.
Vado in cucina a preparare la colazione per i bambini e per Giorgio. Alle otto siamo tutti seduti attorno alla tavola. Pietro cerca di convincere il fratello maggiore a giocare con lui: si riempie la bocca di latte e glielo spruzza addosso.
«Di' a tuo figlio di smetterla.»
«Smettila Pietro.»
«Anche Paolo lo fa.»
«Smettetela tutti e due.»
«Di' a tuo figlio di smetterla.»
«Gliel'ho detto.»
«Dagli uno schiaffo.»
Pietro scappa prima che faccia in tempo ad acciuffarlo. E quando mi avvicino, correndogli dietro, mi spruzza una boccata di latte caldo sulla faccia.
«Picchialo!»
«Perché non lo picchi tu?»
«Io sono contrario alla violenza, lo sai. Ma tuo figlio è un imbecille.»
«È anche tuo figlio.»
«È anche mio figlio, ma assomiglia a te. Paolo è più simile a me. Infatti, se non fosse per Pietro, sarebbe diverso, buonissimo.»
«Adesso uscite, che è tardi. Dove sono le vostre cartelle?»
«La mia cartella si è rotta.»
«Come, si è rotta! Dove l'hai messa?»
«L'ho buttata. Era tutta rotta.»
«Ma come hai fatto a rompere una cartella di legno?»
«Pietro ci ha giocato a palla.»
«Di' a tuo figlio che è un delinquente oltre che un imbecille», grida mio marito.
«È stato Paolo, te lo giuro.»
«No, sei stato tu.»
«E digli che è anche un bugiardo oltre che un delinquente. Ma dagli uno schiaffo no."
«Gliel'ho giÃ**** dato.»
«Dagliene un altro.»
«Non posso passare la giornata a dare schiaffi a Pietro.»
«Io sono contro la violenza, ma con quel cretino, ci vuole.»
Io rincorro Pietro per la casa, Paolo e il padre stanno a guardare, le grosse ciotole di latte fra le mani, i capelli ravviati, gli occhi seri e imbambolati.
Infine riesco a mettere i due ragazzi nell'ascensore. Chiudo la porta e me ne torno in casa. Giorgio sta preparandosi per uscire anche lui.
«Quando vai a Milano?» mi chiede.
«Domani.»
«Questo tuo lavorare un po' qui e un po' a Milano mi fa venire i nervi.»
«Perché?»
«Perché non riesco ad abituarmi. Qualche volta penso: ecco oggi siamo soli, perché Elda è partita. Invece torno a casa e ti trovo che giochi coi bambini. Altre volte penso: ecco adesso torno a casa e racconto a Elda la barzelletta che mi ha soffiato nell'orecchio Strapparelli, a scuola. Ma quando apro la porta, sento puzza di bruciato e improvvisamente ricordo che tu sei partita e capisco nello stesso tempo che Pietro sta bruciando qualcosa, come al solito.»
«Il mio lavoro è questo. Cosa ci posso fare se mi costringe a fare la spola fra Milano e Roma?»
«Potresti trovarne un altro.»
«Non credo. Con questo lavoro guadagno bene. I tuoi soldi non bastano, lo sai.»
«Ma per lo meno dovresti fissare dei giorni precisi, in modo che io non mi sbagli continuamente.»
«Non posso. Dipende dal lavoro, non da me.»
«Qualche volta penso che tu abbia qualcuno a Milano che ti aspetta.»
«Chi vuoi che abbia?»
«Un altr'uomo.»
«Che sciocchezza!»
Giorgio sorride soddisfatto. Si china a baciarmi sulla guancia, si mette a posto la cravatta con due dita ed esce.
Io do qualche ordine alla donna di servizio per la colazione, poi mi chiudo nello studio a lavorare. Preparo le mie relazioni, studio i casi nuovi, scrivo. La mia testa è completamente vuota. Lavoro meccanicamente, quasi senza accorgermene.
All'una la porta viene spalancata violentemente. Pietro entra correndo e mi abbraccia e mi bacia incollandomi le labbra appiccicose di gelato sulla faccia.
«Com'è andata a scuola?»
«Bene. Non ci sono andato.»
«Come non ci sei andato. E Paolo?»
«Paolo è venuto con me. Siamo andati a giocare a pallone.»
«Cosa dovrei farti, dimmi?»
«Sono un imbecille, lo so. Ma papÃ**** dov'è? Non glielo dire, per favore.»
«Non glielo dico, ma ti do uno schiaffo lo stesso.»
«Quando parti per Milano mamma?»
«Domani.»
«Mi porti con te?»
«No.»
«Perché no?»
«Perché ho da fare, lo sai.»
«Ma io starei buono ad aspettarti in albergo. »
«Ho detto no e basta.»
A tavola, Pietro e Paolo mangiano avidamente, in silenzio, poi scappano a giocare sulla terrazza. Giorgio legge il giornale. Subito dopo ci stendiamo tutti e due sul letto per riposare.
Alle quattro Giorgio esce di nuovo. Pietro e Paolo vanno ai giardini con i loro amici. Verso le sette e mezza tornano per fare i compiti, ma e troppo tardi e poi sono stanchi. Dopo dieci minuti che sono seduti al tavolino, si addormentano sui libri. Passo la serata a fare i compiti per loro.
«Pietro sta corrompendo Paolo. Diventeranno due buoni a niente, due delinquenti. SarÃ**** colpa tua. »
«Perché mia?»
«Perché non li educhi a dovere.»
«E tu?»
«Io ne ho giÃ**** abbastanza di educare quaranta ragazzi a scuola. Quando torno a casa sono stanco. Sai che ti dico, abbiamo fatto male a fare dei figli; non siamo due persone adatte a una famiglia numerosa.
«Forse hai ragione. Avremmo dovuto stare noi due soli, e basta. Ma allora forse ci saremmo giÃ**** separati.»
«Perché?»
«Perché la vita in due è molto noiosa. Ad un certo punto, non si sa più cosa dire.»
«Dici sempre delle cose sgradevoli. Perché non andiamo al cinema stasera?»
«Non ce la faccio. Sto morendo di sonno. Vacci tu.»
«No, senza di te, no.»
«Allora andiamo a letto."
La mattina dopo, sono svegliata alla solita ora da Pietro che mi sale a cavalcioni sul petto e mi salta su e giù come se fossi un somaro.
«Che ore sono?»
«Le cinque e mezza.»
«Tirami giù la valigia dall'armadio, Pietrino.»
«Lo fa Paolo. Io sono occupato adesso.»
«Scendi, mi fai male.»
«No. Un cavallo non può dire al cavaliere, scendi. Chiudi gli occhi e galoppa. Voglio andare a Milano. »
«Scendi, se no ti faccio cadere.»
Preparo la valigia, la cartella con la causa da discutere, la borsa, il cappotto ed esco. Pietro mi accompagna giù al taxi, Paolo rimane col padre e tutti e due si affacciano alla finestra per salutarmi.
In aereo dormo. È l'unico momento in cui mi sento del tutto a mio agio. Il rumore mi stordisce e il leggero movimento dell'apparecchio mi culla. Mi sveglio poco prima di atterrare. Apro gli occhi proprio mentre l'aereo sta passando dall'azzurro pulito e luminoso dei quattromila metri nella fascia di nebbie opache sparse di nuvole biancastre e lucide che copre la Lombardia.
All'aeroporto ormai mi conoscono: appena arrivo, entro nel bar, poso a terra la valigia, prendo un caffè, poi compro un gettone e telefono a casa.
«Sei tu Carlo?»
«Quando sei arrivata?»
«Adesso.»
«Fatto buon viaggio?»
«Buono si, ho dormito.»
«Vengo a prenderti.»
«Non c'è bisogno, ho qui un taxi pronto.»
Quando apro la porta di casa, trovo Gaspare e Melchiorre in piedi che mi aspettano. Sono ben vestiti, ben pettinati, ossequiosi e servizievoli.»
«Come state?»
«Gaspare ha avuto dei bei voti a scuola.»
«Anche Melchiorre ha avuto dei bei voti.»
«Il papÃ****?»
«Sta bene. È uscito adesso per andare alla messa.»
«Che famiglia pia e ordinata che ho.»
«Vuoi mangiare qualcosa mamma?»
«No. Devo scappare in ufficio. Ci vediamo all'ora di colazione.»
Il lavoro che trovo accumulato nello studio di Milano è sempre più di quanto mi aspetto e finisco per tornare a casa tardi. Quando entro,trovo la tavola apparecchiata e i miei due figli e mio marito seduti ad aspettarmi.
«Non dovevate aspettarmi. Dovevate cominciare.»
«Volevamo mangiare con te.»
«Hai avuto molto da fare?»
«Molto si. Mi sento stanchissima.»
«L'aereo stanca.»
«Sì, l'aereo stanca.»
«Anche cambiare aria stanca.»
«Sì, anche cambiare aria stanca.»
«Anche alzarsi presto la mattina stanca.»
«Sì, anche alzarsi presto la mattina stanca.»
«Com'è andata a Roma?»
«Bene.»
«È una cittÃ***** molto noiosa Roma.»
«Sì, è una cittÃ**** molto noiosa.»
«Ci sono tanti semafori inutili.»
«È vero, ci sono tanti semafori inutili.»
«E poi la gente non ha voglia di fare niente.»
«La gente non ha voglia di fare niente.»
«Siamo noi milanesi che manteniamo la penisola.»
«Quale penisola?»
«L'Italia no?»
«Ah, l'Italia.»
«Gaspare, Melchiorre, andate a fare i compiti.»
«SÃ****, papÃ****. A più tardi mamma.»
«Stanno diventando due ipocriti.»
«Chi?»
«I tuoi due figli.»
«Sono anche tuoi.»
«Sono anche miei, ma assomigliano a te. Silenziosi e ipocriti. Fingono di essere bravi. Ma ne combinano di tutti i colori. Hanno giÃ**** imparato a recitare la loro parte alla perfezione. Se ne fregano di me.»
«Cosa hanno di tanto terribile?»
«Sono finti, ti dico, finti e bugiardi.»
«Allora, hai finito il tuo libro?»
«No, tesoro. Ma sono a buon punto. Mi mancano solo otto capitoli.»
«Che storia è? Non me l'hai mai raccontata.»
«È a storia di un uomo che ha due vite.»
«Interessante. Ma perché non ti sbrighi a finirlo? È da molti anni che trascini avanti questo libro.
«Perché ci devo pensare sopra. D'altronde, più ci penso e più le cose si complicano. Tu credi che un uomo possa avere contemporaneamente, non dico due donne, ma due famiglie?»
«Credo di si.»
«Credi che sia morale?»
«No.»
«Beh, questo è il problema che mi interessa; come conciliare la morale con ciò che è più vitale e più profondo in noi, il sesso, il bisogno dell'indipendenza, il gusto dell'anormale.»
«Lo finirai entro l'anno?»
«Si, certo. Anche se lavoro poco, lavoro.»
«E chi te lo pubblicherÃ****?»
«Non so. Un editore lo troverò, immagino. Ma è difficile, difficile.»
Nel pomeriggio porto al cinema i miei due figli, mentre mio marito resta a casa a lavorare. Quando torniamo. lo troviamo seduto nell'ingresso che gioca col gatto. Gli chiediamo se ha lavorato. Lui risponde di sì. Gaspare e Melchiorre sorridono increduli.
Alle otto e mezza andiamo a tavola. Io mi sento così stanca che non ho più fame. I ragazzi mi raccontano delle storie noiose. Poi ci sediamo tutti davanti alla televisione e fino alle undici non ci muoviamo. Io non riesco a seguire i programmi perché dormo a occhi aperti, le palpebre mi bruciano, ho le pupille fisse e cieche. Gaspare e Melchiorre mi svegliano ogni tanto con le loro risate stridule.
«Quando parti per Roma, mamma?"
«Giovedì.»
«Allora questa volta resti quattro giorni con noi.»
«Si quattro giorni.»
«Quando mi porti a Roma mamma?»
«Mai.»
«Io ci vorrei andare a Roma, per vedere se e proprio così brutta e sporca come dice il papÃ****.»
Alle undici, i due ragazzi vanno a letto e nella stanza buia, rischiarata dallo schermo azzurrino della televisione, restiamo soli, Carlo ed io.
«Senti, dimmi se ti piace questo inizio.»
«Di che parli?»
«Del mio romanzo, tesoro.»
«Ah, sì. Come comincia?»
«Questo è l'inizio del decimo capitolo: In una ventosa e tiepida serata estiva in cui le foglie del leccio tremavano leggermente riempiendo l'aria di un fremito verde... ti piace?»
«Non è un po' troppo lunga questa frase?»
«Niente affatto. Stai a sentire: In una ventosa e tiepida serata estiva in cui le foglie del leccio che intravedevo dalla mia finestra, che sta in fondo alla mia stanza, tremavano leggermente
riempiendo l'aria di un fremito ardente... Credi che sia meglio ardente o verde?»
«Non lo so.»
«In una ventosa e tiepida serata estiva in cui... senti come suona bene; è un'onda che avanza lenta e potente, e tu la senti arrivare e aspetti che si rompa, aspetti e trattieni il fiato, non è cosÃ****? »
«Come continua poi?»
«In una ventosa e tiepida serata... forse al posto di tiepida metterò calda, che ne dici? DÃ**** più il senso dell'afa. Perché l'afa ci vuole. Intanto l'onda avanza. La senti arrivare. Eccola... in cui le foglie del leccio tremavano leggermente riempiendo l'aria intorno a me... ecco voglio aggiungere intorno a me, è meglio cosi, non ti pare? Dunque intorno a me, di un fremito, come ho detto poi?»
«Andiamo a letto?»
«Tu vai pure, io continuo a lavorare.»
«Cosa devi fare?»
«Devo trovare la frase giusta. t molto importante trovare la frase giusta.»
«Penso che non pubblicherai mai questo libro.»
«Perché?»
«Perché non hai voglia di farlo. Come ti è venuta in mente l'idea delle due vite?»
«Quando ero ragazzo ho amato una volta due donne contemporaneamente. Ma stavo cosi male. Mi sentivo in colpa.»
«E com'è finita?»
«Male. Non ci si può dividere a lungo. Si diventa malati.»
Il giorno dopo riprendo la solita vita milanese. Gaspare e Melchiorre vanno a scuola, io vado in ufficio, Carlo si chiude nello studio a scrivere il suo romanzo. All'una pranziamo insieme. Nel pomeriggio io torno a lavorare, Carlo gioca col gatto e i due ragazzi fanno i compiti. Qualche volta, verso le sette, andiamo al cinema, oppure passiamo la serata davanti alla televisione.
Alcuni giorni dopo io preparo le valige, riempio la cartella di cause da studiare, di lettere, di conti, e me ne torno a Roma. Carlo mi accompagna all'aeroporto.
«Ciao. Cerca di finire il tuo romanzo.»
«Ci lavoro molto, lo sai. Entro l'anno, conto di finirlo. Dopo sarò io a mantenere te. Ti farò fare la signora.»
Appena arrivata a Roma, compro un gettone, mi dirigo verso il telefono più vicino e chiamo casa.
«Sei tu mamma?»
«Sono arrivata adesso.»
«Sai che Pietro ha dato fuoco allo studio di papa.»
«E lui che gli ha fatto?»
«Niente. Aspetta che tu torni per punirlo. Ha detto che vuole che tu lo frusti con la cintura del tuo vestito.»



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María

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05-01-09, 21:14   #5
Maria

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cari amici, non vi voglio stancare con la Maraini, ma ecco un altro brano tratto dal romanzo "Dolce per sé" 1997

21 ottobre 1988
Cara Flavia,
una donna di cinquant'anni e una bambina di sei, che strana combinazione di etÃ****! generalmente si considerano estranee e lontanissime come due comete lanciate in due cieli diversi che non si conoscono e sono destinate a non incontrarsi mai.
Eppure tu mi tratti da amica e io ho per te quel sentimento di attesa trepidante che hanno le innamorate quando gli amati partono per terre lontane da cui non si sa se torneranno.
Cara Flavia che non mi sei parente, che non mi sei coetanea, che nonostante questo mi sei vicina, come è possibile che ti scelga come confidente quasi fossi una donna fatta con tanto di passato alle spalle?
Sono qui per parlarti di tuo zio Edoardo, come al solito. Ma non posso parlare di lui senza parlare di te; ti ricordi quella sera al concerto di Castelrotto? eravamo sedute vicine, tu con le tue lunghe calze bianche, la tua gonna scozzese, la tua camicetta rossa, io con la mia lunga gonna nera e la camicia da sera color chiara d'uovo. Tuo padre Arduino e tuo zio Edoardo suonavano insieme con un pianista e un violista il Quartetto in sol minore di Mozart . [...]
Tu, quella sera, Flavia, avevi i capelli legati sulla nuca con un fiocco rosso cardinale e tenevi tanto a quel fiocco che non volevi schiacciarlo appoggiandovi sopra il solito cappelletto color ciliegia che pure consideri parte integrante del tuo corpo. Eri molto incerta fra l'eleganza un poco "cochetta" del tuo fiocco e quella baldanzosa del tuo cappello.
Tu sei una bambina che tiene ai vestiti, lo sanno tutti in famiglia. [...] D'altronde anche tua madre è una donna elegante sebbene sobria. Si veste come una giovane signora, madre di una figlia di sei anni, moglie di un noto violoncellista che la sera spesso deve indossare dei completi blu notte quando non addirittura il frac. Ma nella sua eleganza cittadina tua madre mantiene un poco dei suoi ricordi di un'adolescenza ancora non troppo lontana. Perciò: pantaloni stretti, camiciole aperte sul collo, giubbotti bianchi o rosa.
Tante volte mi hai chiesto, quasi fossi un Paride che deve consegnare la mela d'oro: è più bella la mamma o quella signora laggiù? E io ti rispondevo che la bellezza non è qualcosa per cui si gareggia: ciascuno ha qualcosa di bello da scoprire; l'attenzione è la chiave della scoperta.
Tua madre Marta ha una bellezza fatta di disarmonie attraenti: gli occhi molto vicini, per esempio, le danno una espressione eternamente sorpresa e sognante; la bocca grande, il sorriso che rivela, oltre ai denti, anche le gengive, accentuano il carattere infantile della sua personalitÃ****. Quel collo lungo e snodato, quei capelli rossi di cui lei si fa bandiera, le danno un'aria puntigliosa e caparbia, ma nello stesso tempo c'è in lei un atteggiamento ritroso e impaurito come se si. aspettasse da un momento all'altro un colpo sulla schiena.
Tua madre suona bene il pianoforte, avrebbe potuto fare la concertista. Te la immagini seduta al piano, vestita di nero, la vita stretta in una cintura colorata, una collana di perle al collo, davanti ad un pubblico attento e concentrato? Nella sala non si sente un respiro, nessuno che si raschi la gola, che dia un colpo di tosse, niente. Da quando tua madre ha appoggiato le mani sulla tastiera il silenzio si è fatto corposo, compatto.
E ora quelle mani piccole e nervose si muovono sui tasti, volando, e nella loro abilitÃ**** e leggerezza sono capaci di tira re fuori dal cassone nero qualcosa di stupefacente: degli sciami di farfalle che invadono frusciando la sala. Il pubblico trattiene il fiato, stregato da quelle mani. Ed ecco che la tua mamma, nel pieno del concerto, volta un poco la testa verso la sala perché tu, la sua unica figlia, sei seduta in prima fila e la guardi amorosamente. È un lampo, un brevissimo segno di intesa, ma basta per farti felice. [...] E' un peccato che tua madre abbia rinunciato a fare la concertista. Non lo pensi anche tu quando la senti tamburellare con le dita graziose sopra la tastiera del suo pianoforte mentre aspetta in cucina che si cuocia il riso per te e per tuo padre?
«Nessuno mi ha costretta a rinunciare» mi ha detto una volta «so che non ho abbastanza talento per farmi un nome. E poi c'è troppa concorrenza nel mondo dei pianisti, non basta essere bravi, bisogna essere geniali e avere una determinazione che io decisamente non ho. E poi chi si occuperebbe di Arduino e di Flavia?».
Certo è vero che se anche lei facesse la concertista qualcun altro dovrebbe cucinare per te. Chi ti sveglierebbe la mattina, chi ti preparerebbe la colazione, chi ti porterebbe a scuola, chi ti metterebbe a letto, chi ti racconterebbe le favole per addormentarti?
Le mamme fanno le mamme, tu dici. Quindi niente concerti, niente viaggi all'estero. Il marito, i parenti, la gente intorno avranno davvero riconoscenza per queste rinunce professionali? O non sarÃ**** che, dopo averla costretta a scegliere fra professione amata e maternitÃ****, la tratteranno con sufficienza dicendo: «In fondo le donne sono poco portate per l'arte»?
A Flavia non piace che sua madre si dedichi a qualcosa che non sia lei, anche questo può sembrare egoista. Vedo da come la guardi, tua madre, che sei abitata dall'ansia del possesso Ma quanto è lecito per una madre acconsentire alla volontÃ**** di possesso dei figli? Non è un modo di perpetuare un'idea di irrilevanza delle professioni al femminile?
Ma torniamo a quella sera a Castelrotto quando noi due ci siamo sedute davanti al palco e abbiamo "bevuto" la musica che sgorgava da quei legni cavi come fosse acqua zuccherina. Nell'entusiasmo ti ho preso una mano e mi sono accorta che dormivi, una volta tanto avevi ceduto ai sonni della tua etÃ****. Al tocco delle mie dita, hai aperto gli occhi e mi hai sorriso. «Stavo sognando di suonare» mi hai sussurrato all'orecchio. Così il circolo si era chiuso. Tuo padre suonava sognando di essere te che lo guardavi e tu lo guardavi sognando di essere lui che suonava.

Ti mando un bacio
tua Vera

[…]

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María
06-01-09, 03:45   #6
mehditaly

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Grazie mille Maria
Stamperò i tuoi brani e li leggero' con calma

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06-01-09, 03:52   #7
Maria

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: 3,465







Grazie Mehdi... spero che i brani ti piacciano. "L'altra famiglia" l'ho usato con un gruppo di donne adulte che conoscevano la lingua e frequentavano un corso di conversazione per allenare l'italiano. Immagina che è stato un meraviglioso spunto per parlare.

Un grande abbraccio

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María
06-01-09, 09:31   #8
ilrediniente

Pilota Capitano
 
 
:
Nov 2007
: cava dei tirreni
: Uomo
: 1,608







Per ora ho letto "Mio marito".
Interessante, ben scritto, e può aprire a dialoghi e opinioni diverse, da fare un bel dibattito davvero.

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Io che voglio andare tra la gente e poi mi trovo solo, io re di tutto e re di niente, io che so la mia incapacità ma vorrei fare tutto, io re di tutto e re di niente, io con i miei castelli in aria, io con i miei sogni. Re di me stesso.
06-01-09, 11:18   #9
mehditaly

Italianistica Tunisia
 
 
:
Sep 2006
: sul web
: Uomo
: 5,753







Ciao Maria
Ho letto il brano "Mio Marito" e devo dire che è veramente molto interessante.

A quale livello lo insegni ?
Direi B2 -C1

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06-01-09, 20:19   #10
kaisoun

Si fa sentire
 
 
:
Jan 2009
: Uomo
: 53







Trovo molto belli i brani che hai scelto per noi Maria (Mio Marito)....spero che ne pubblicherai altri.
Il Titolo ci lascia riflettere!!!
Ma secondo voi si possono avere due vite paralelle?? non ci si puo' confondere??
Due case, due mariti, due figli da una parte due dall'altra??

Molto interessante il tuo intervento Maria....complimenti.

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