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02-02-09, 16:39   #1
albachiara13

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Alessandro Manzoni poeta

Manzoni, la poetica

L'aspetto caratterizzante della poetica manzoniana è giÃ**** contenuto in nuce nel Carme all'Imbonati (vv. 40 -48 ) del 1805.
«Sentir... e meditar»: in una lettera al Fauriel di poco posteriore alla composizione del Carme, Manzoni spiega: «Io credo che la meditazione di ciò che è, e di ciò che dovrebbe essere, e l'acuto sentimento che nasce da questo contrasto, io credo che questo meditare e questo sentire siano le sorgenti delle migliori opere sia in verso che in prosa dei nostri tempi».
Comprendere la realtÃ**** storica, soffrirla alla luce d'un'idea morale: con ciò sono decisamente bandite la tendenza all'evasione fantastica; l'arte intesa come diletto consolatorio; un compiaciuto immaginare o sentire fine a se stesso.
Si tratta, invece, d'un immaginare e di un sentire che nascono dalla intuizione d'una veritÃ**** (storica) e approdano alla veritÃ****: veritÃ**** e poesia sono strettamente legate. Nell'Urania, la poesia svolge una funzione redentrice ed educatrice: vi si compie una sorta di foscoliana deificazione dell'attivitÃ**** poetica e perciò dell'umano. Il poemetto, dopo la conversione, è ripudiato da Manzoni («Scriverò versi peggiori di questi, ma come questi mai più» a Fauriel). La redenzione è fondata su un fatto avvenuto nella storia, l'educazione al bene non può essere opera dell'uomo ma avviene nella Chiesa attraverso l'operare della Grazia. Di conseguenza la poesia diviene:
a) celebrazione dell'opera della Grazia, dei grandi fatti della Redenzione di Cristo (Inni sacri, da 12 ideati, 5 realizzati: Resurrezione 1812, Nome di Maria 1813, Natale 1813, Passione 1815, Pentecoste 1817-22);
b) celebrazione dell'incidenza di quei fatti nella vita di chi li riconosce e li accetta: storia.
Alle esigenze della rievocazione storica, si aggiungono quelle della esplorazione dell'animo umano, il mistero ove nasce l'adesione al bene, o si radica quel male morale che la storia manifesta.
«Più si va addentro a scoprire il cuore dell'uomo, più si trova poesia vera» (Appunti sulle tragedie). Tragedie e Promessi Sposi.
Testi fondamentali della poetica manzoniana

1) Lettre Ã**** M. Chauvet (1820)

Rapporto fra storia e poesia

Manzoni dimostra l'irragionevolezza delle cosiddette unitÃ**** aristoteliche di tempo e di luogo.
Afferma che la storia è l'unica fonte della poesia. In cosa si distinguono le due attivitÃ****? La storia ci dÃ**** dei fatti che non sono, per cosìdire, conosciuti se non nel loro aspetto esteriore, quello cioè che gli uomini hanno fatto, ma non ci dice i pensieri, i sentimenti che li hanno accompagnati: «tutto ciò che la volontÃ**** ha di vigoroso e di misterioso, la sventura di religioso e di profondo» (Basti pensare al «5 maggio», che è storia di un'anima, di ciò che non si racconta nella vita di Napoleone).
Il poeta deve «contemplare la storia», la sua invenzione che «deve accordarsi con la realtÃ****», anzi «è un modo di costringerla a venir fuori, a rivelarsi».
L'arte è creazione, non imitazione

Ogni azione storica, poi, se la si considera attentamente si distingue per «un carattere particolare, quasi individuale, qualcosa di esclusivo e proprio che la fa ciò che essa è»: il poeta deve saper cogliere questo carattere, né può accettare il concetto di imitazione senza contraddire questa realtÃ**** esclusiva e propria di ogni soggetto.
Ciò significa che l'arte è creazione.
L'imitazione e le regole, che si vogliono far risalire ad Aristotele, sono in realtÃ**** un'invenzione dei grammatici, che hanno abusato del suo nome per «instaurare un deplorabile dispotismo».
Il valore morale dell'arte

Il fine che il poeta deve proporsi è di «interessare per mezzo della veritÃ****: non domandiamogli altro che di essere vero».
E la veritÃ**** è, come dice nelle OMC, «questo fondo comune di miseria e di debolezza», «ciò che è e ciò che dovrebbe essere, il bene e il male» (Prefazione).
Noi viviamo in una sfera di idee e di realtÃ**** «stretta ed agitata»: il poeta ci sollevi a una sfera «di idee calme e grandi», agli ideali di giustizia e di bontÃ**** che ciascuno porta in sé.
2) Lettera sul Romanticismo (1823)

Manzoni vi si professa romantico, mostra perché è arrivato alla professione romantica. La lettera consta di due parti, una negativa e una positiva.
I - Nella prima, più sviluppata, Manzoni dice che il Romanticismo rifiuta l'imitazione servile (che non vuol dire lettura) dei classici; le unitÃ**** di tempo e di luogo, la mitologia. I due primi rifiuti sono giustificati dal fatto che sono «irragionevoli», se si tien conto che ogni opera poetica è «organismo» che ha una sua legge intrinseca; il concetto di imitazione, cui neppure i classici stessi si sono attenuti, presuppone inoltre un'unica forma di bellezza. La mitologia, infine, va rifiutata perché «è cosa assurda parlare del falso (gli dei bugiardi) riconosciuto come si parla del vero; cosa fredda, perché non richiama nessuna idea o sentimento a un mondo che è cristiano; cosa noiosa il ricantare questo freddo e questo falso». Non c'è quindi una giustificazione poetica per la mitologia, perché non sono più credenze comuni, spontanee, naturali: nel Cristianesimo la mitologia «sta a pigione». Le ragioni più profonde di questo rifiuto vanno comunque ricercate nel rifiuto della concezione pagana della vita rispecchiata nella mitologia («L'uso delle favole è idolatria»).
II - La parte positiva, che «non è così precisa ed estesa», consiste in questo:
a) la poesia (prima edizione) deve porsi per oggetto il vero (vero storico-morale): comportamento degli uomini nella storia;
b) per fine l'utile (utile inteso anch'esso in senso morale: ideale di giustizia e di bene);
c) per mezzo l'interessante, non solo per «le persone più dotte», ma «per un maggior numero di lettori».
Il soggetto interessante dovrÃ**** essere tratto «dalle memorie e dalle impressioni giornaliere della vita», cioè dal reale, non da ciò che è fittizio: il diletto della mente può nascere solo dall'assenso dato a un'idea. Il falso è perciò fonte di «diletto instabile e temporario». In queste teorie romantiche che Manzoni fa sue, egli vede una tendenza cristiana: infatti il sistema romantico «proponendo anche in termini generalissimi il vero, l'utile, il buono, il ragionevole, concorre, se non altro con le parole, allo scopo del Cristianesimo, non lo contraddice almeno nei termini».
3) Del Romanzo Storico

Scritto in varie fasi dal 1830 al 1845).
In questo discorso diventa problema ciò che nella Lettera allo Chauvet appariva come una conclusione pacifica (arte = sintesi di vero storico e di vero morale o poetico): è possibile esprimere il vero non solo attraverso i fatti storici, ma anche attraverso l'invenzione poetica? È possibile costruire un romanzo storico aggiungendo ai fatti conosciuti elementi di invenzione?
L'intento di Manzoni in questo discorso è dimostrare che ciò è impossibile e assurdo, in quanto:
a) l'unico VERO con carattere di storicitÃ**** è quello POSITIVO, e il VEROSIMILE di per sé non vi aggiunge nulla;
b) è impossibile fondere STORIA e INVENZIONE, VERO e VEROSIMILE.
Pare che Manzoni sconfessi completamente il suo romanzo storico (I Promessi Sposi). In realtÃ**** la riflessione teorica lo aiuta a dare un senso più chiaro alla propria opera; se davvero fosse stato persuaso che storia e invenzione sono incompatibili, perché si sarebbe tanto preoccupato di offrire, durante la stesura dello studio sul romanzo storico, un romanzo storico come capolavoro di poesia? (Del Romanzo Storico: 1830-1845; edizione definitiva Promessi Sposi: 1840-1841).
Inoltre nel discorso stesso «Del Romanzo Storico» il Manzoni rinvia al «Dialogo dell'Invenzione» come allo sviluppo ultimo del suo pensiero in proposito.
4) Dialogo dell'Invenzione (1841-1845).

Costituisce la risposta alla domanda: il vero e il bello, il vero storico e l'immaginazione, il bello morale e il bello artistico, tutto insomma, dove trova la sua ragionevolezza? La risposta di Manzoni si articola così: a) l'artista, a differenza dello storico, «inventa», ma come? in che senso?
b) L'«inventare» (dal latino «invenio») significa «trovare» qualcosa che preesiste, rendere presente alla mente un'idea che era prima che l'artista la rivelasse;
c) ma queste idee dov'erano prima di venire in mente all'artista? Nella mente di Dio. L'inventare assume il significato di scoperta del VERO DI DIO.
d) Così anche il romanzo storico non è più unione di storia = vero e di invenzione = falso, bensì di VERO STORICO e di VERO POETICO, cioè di due tipi di vero, di due modi di rappresentare il vero.
Dietro questo dialogo sta una riflessione filosofica e teologica (vedi rapporto con Rosmini): il poeta non è un genio soggettivo, che crea da sé la veritÃ****, ma è invece, attraverso gli strumenti della fantasia e dell'intuizione, un servo della veritÃ****, che giÃ**** c'è ed è la veritÃ**** di Dio. In questo senso il romanzo storico è l'unione di due modi di esprimere la veritÃ****, una veritÃ**** che Manzoni riconosce come non sua, ma esistente prima di sé. Il compito del poeta è quindi un servizio alla veritÃ**** : far emergere, dentro la rappresentazione di un fatto, di una vicenda, la veritÃ**** di quel fatto, di quella vicenda, che è la veritÃ**** dell'intera realtÃ**** dell'uomo e della storia. Nelle tragedie e nei Promessi Sposi questa intuizione, qui espressa teoricamente, cerca di farsi comprensibile a tutti (anche se, nelle tragedie, la veritÃ**** fatica a intervenire nella storia umana, a emergere in tutta la sua grandezza, e sembra come schiacciata, sconfitta, a differenza dei Promessi Sposi).

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02-02-09, 16:39   #2
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Grazie di aver condiviso con noi questa interessantissima ricerca sul Manzoni

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Grazie Alba... ci ho messo un po' di tempo a leggere... però l'ho fatto! Grazie... preziosissimo materiale.

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