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mehditaly

Italianistica Tunisia
 
 
:
Sep 2006
: sul web
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Lessico Famigliare

Non te lo faccio sentire ma lo sei Maria

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Lessico famigliare è la storia di una famiglia ebrea, quella della stessa scrittrice, che si svolge a Torino fra gli anni Trenta e Cinquanta. Natalia, l’ultima dei cinque figli Levi, è la voce narrante. Con assoluto rispetto della verit****, e, per certi versi, mantenendo l’incanto della fanciullezza, l’autrice non solo ripercorre con la memoria le vicende dei suoi cari, ma ne fissa per sempre anche il linguaggio (che, come sappiamo, è unico per ogni nucleo famigliare), i motti, le abitudini radicate.

Ne è protagonista il padre Giuseppe: la casa riecheggia sia delle sue urla che delle sue risate. Egli è tenero e dispotico al tempo stesso: non tollera, a tavola, che s’intinga il pane nel sugo (gesti chiamati potacci o sbrodeghezzi); e mal sopporta i modi goffi e impacciati, da lui inesorabilmente definiti negrigure.
«Il divertimento che il diavolo d**** ai suoi figli», secondo la madre Lidia, sono le gite in montagna che il marito "infligge" a tutta la famiglia. Queste sono precedute dai preparativi estenuanti, e innumerevoli sono i divieti, talvolta davvero risibili, imposti ai figli.
Tentare anche solo un breve riassunto del Lessico non è semplice: è una storia che ruota su se stessa, proponendo, a brevi intervalli, lo stesso frasario, che a mano a mano conquista il lettore, col risultato di diventargli, alla fine, per l’appunto, famigliare.
Natalia annota, apparentemente con un certo distacco, le liti tra fratelli, i primi amori della sorella Paola, le leziosaggini della madre Lidia.
Una casa molto frequentata, quella dei Levi. Ci vive Natalina, la fedele cameriera; spesso le fa compagnia la sarta, chiamata dalla padrona di casa per rivoltare un cappotto o confezionare abiti a domicilio.
Numerosi gli amici di famiglia, quelli dei figli, i colleghi del professor Levi (docente di anatomia comparata): l’elenco delle amicizie è davvero ampio e sorprendente. Nel salotto di casa si raduna il fior fiore del mondo intellettuale torinese.
Alberto Asor Rosa, scrivendo una recensione dell’opera, puntò il dito su un supposto “snobismo” della Ginzburg, accusata di sciorinare, con assoluta naturalezza, e chiamandoli semplicemente col nome di battesimo, un ragguardevole elenco di intellettuali e politici della scena torinese di quegli anni.

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